Siamo noi... I tifosi del Bologna siamo noi!

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Il Bologna è la squadra del mio cuor...

martedì 14 ottobre 2014

Il Bologna ed i suoi Presidenti

Resta ancora da chiarire chi sarà, dei due amiconi, il maggiore azionista della Società, fra Tacopina e Saputo: per saperlo dovremo attendere la conferenza-stampa di giovedì prossimo. Quel che è certo è che il gigantesco avvocato italo-americano si sta rivelando un portafortuna non indifferente: con lui impegnato a seguire la partita in qualche circolo bolognese, i Rossoblù hanno sempre vinto; è di pochi minuti fa la notizia, clamorosa, che per un vizio di forma la Federcalcio non potrà affibbiarci il previsto punto di penalizzazione dovuto al mancato pagamento di una quota IRPEF. Insomma: come inizio non c'è male !!! E dire che fino all'ultimo c'è mancato poco che saltasse tutto: prima l'opera di disturbo di due soci minori, pronti ad accapigliarsi per un passaggio di quote estremamente basse ( controlliamo più Capitale Sociale noi di Futuro Rossoblù che non questi due signori ); poi le patetiche manovre depistanti di Guaraldi, forse tendenti a far perdere la pazienza a Tacopina. Il quale, da buon avvocato, ha invece consigliato i suoi colleghi di dividere le carte e di farle firmare in separata sede, cosa poi puntualmente avvenuta. Dalle 00.50 di oggi, quindi, il Bologna è di proprietà americana. Questo fatto entusiasma gran parte degli amici Tifosi Rossoblù, ma fa storcere la bocca a quei puristi che, a più riprese, hanno gridato e continuano a gridare: " Il Bologna ai Bolognesi !!! ". Eppure il primo Presidente della nostra storia era uno svizzero, Rauch, per tacere del fatto che il timoniere più amato e vincente, Renato Dall'Ara, in realtà era reggiano. Dal 1909 al 1928, nell'epoca pionieristica, si alternarono alla guida del club dei veri e propri coordinatori, in quanto le Società ancora non erano strutturate come ai giorni nostri. Con l'avvento del professionismo, il regime fascista favorì prima l'ascesa di Gianni Bonaveri, ( pur sapendo che in realtà a comandare le operazioni era il potentissimo gerarca Leandro Arpinati ), poi quella dell'industriale Renato Dall'Ara, che chiese ed ottenne la massima autonomia. I risultati parlano per lui: in trent'anni esatti di presidenza ci ha fatto vincere cinque scudetti, costruendo una squadra capace di farsi rispettare anche in campo internazionale. Purtroppo, come ben sappiamo, la conquista dell'ultimo scudetto coincise con la sua tragica scomparsa, dovuta allo stress accumulato in una stagione da incubo, con giocatori prima trovati positivi al doping e poi riconosciuti innocenti, e relativo strascico di squalifiche, riammissioni, contestazioni, riammissioni e polemiche varie. Tutte cose che non potevano lasciare indifferente Dall'Ara, nonostante sapesse di dover fare i conti con un cuore malandato. L'episodio più emblematico della sua presidenza resta il rocambolesco viaggio in Germania per ingaggiare Helmut Haller: sulla via del ritorno il Presidentissimo ebbe uno spaventoso incidente stradale, e lasciò di stucco i soccorritori sbucando dalle lamiere contorte della propria auto stringendo trionfante nelle mani il contratto firmato il giorno precedente dal Tedescone, e rimasto intatto !!! Scomparso Dall'Ara, i suoi immediati successori, Luigi Goldoni, Raimondo Venturi e Filippo Montanari, riuscirono comunque ad allestire delle buone formazioni, in grado di occupare i primi posti della classifica; in particolare, Goldoni centrò un secondo, un terzo ed un quinto posto, Montanari a sua volta un quinto, mentre Venturi ci condusse alla conquista della prima Coppa Italia. Nel 1972, con l'avvento di Luciano Conti, le cose cambiarono, e di molto. L'editore del Guerin Sportivo si circondò di collaboratori di un certo rango, come il giornalista e scrittore Enzo Biagi, ma da un lato si mostrò un po' troppo avaro per fare il presidente di una squadra di calcio, riuscendo comunque a farci conquistare la seconda Coppa Italia, e dall'altro non seppe imporre un deciso pugno di ferro quando il tecnico di sua fiducia, Bruno Pesaola, ebbe dei dissidi con alcuni giocatori emergenti e dal grande futuro, come Eraldo Pecci e Giuliano Fiorini. La squadra cominciò a perdere colpi, e le cose non migliorarono con il nuovo timoniere, Tommaso Fabbretti: prima il coinvolgimento nel primo scandalo del Calcioscommesse, nel 1980, poi la prima storica retrocessione in Serie B, per finire con una disastrosa uscita di scena, dovuta ad una manovra scellerata. Ceduto il golden boy Roberto Mancini alla Sampdoria, anzichè versare i quattro miliardi di lire incassati nei conti del club li dirottò nel proprio conto corrente, lasciando la Società senza i soldi per pagare gli stipendi e finendo per questo in galera, mentre il Bologna rovinava in Serie C. La ricostruzione fu avviata dall'imprenditore veronese Giuseppe Brizzi, ex Presidente dell'Hellas, che in un solo anno ci fece riconquistare la Serie cadetta. Compreso di non essere finanziariamente competitivo per poter puntare a traguardi più alti, Brizzi cedette il club al bresciano Gino Corioni, stretto collaboratore della FIAT ed ex consigliere del Milan. A lui si deve il felice travaso di gran parte di una squadretta di sua proprietà, l'Ospitaletto, nelle file Rossoblù, compreso l'allenatore Gigi Maifredi, una specie di Forrest Gump della panchina che poi, chiamato a guidare macchine più rinomate, non ha ottenuto gli stessi risultati, ma a Bologna ha fatto sognare un po' tutti e lasciato un ricordo indelebile. Esauritasi l'esperienza maifrediana, e sentendo forte il richiamo della propria terra, Corioni, nel 1991, lasciò la squadra, appena tornata in Serie B, nelle mani di Piero Gnudi e Valerio Gruppioni, convinto di aver fatto una buona manovra. Lo sventurato non sapeva, ahimè, che il primo in realtà fosse un prestanome di Pasquale Casillo, multiproprietario calcistico, nella cui scala gerarchica il Bologna veniva all'ultimo posto, dietro Foggia ed Avellino. Ovviamente seguì un nuovo disastro, che ci riportò in Serie C e rese necessario l'intervento di un Salvatore della Patria per evitare la sparizione dall'orizzonte calcistico: Giuseppe Gazzoni Frascara. Un uomo capace di riportarci in alto, prima in Italia poi in Europa, eppure sottoposto ad una feroce contestazione al primo refolo di vento contrario, tanto che ad un certo punto si ritirò dietro le quinte lasciando la poltrona presidenziale all'ex portiere dell'Inter Renato Cipollini, divenuto nel frattempo un manager di successo. Gazzoni fu poi travolto dalle conseguenze dello scandalo di Calciopoli, che portarono i Rossoblù nuovamente in Serie B ed egli stesso al fallimento. Il resto è storia dei giorni nostri: Alfredo Cazzola, arrivato con grandi squilli di tromba per ripetere i successi ottenuti nel basket e pronto a mollare tutto non appena gli fu negata la possibilità di costruire uno stadio nuovo; Renzo Menarini, un vero disastro, che lasciò la presidenza a sua figlia Francesca, intrattenendo relazioni pericolose con Luciano Moggi e vendendo infine il club a Sergio Porcedda. Quest'ultimo, una volta accertato che nei conti in banca aveva versato i soldi del Monopoli, fuggì inseguito dai calci in culo, che tuttora gli corrono dietro, dando il via all'operazione orchestrata da Giovanni Consorte che ha portato la Società fino ai giorni nostri. Una cosa nata morta: già nel corso della conferenza-stampa di presentazione dei nuovi dirigenti, alcuni giornalisti ( senza far nomi: Emanuele Righi ) ed alcuni degli stessi Soci mossero una fronda interna nei confronti dell'appena insediato Presidente Massimo Zanetti, che un mese dopo andò via sbattendo la porta. Ora lo sappiamo, quella fronda mirava a far conquistare il potere assoluto ad Albano Guaraldi, che in questi tre anni è stato capace di smantellare una squadra in grado di terminare un campionato con 51 punti, far fuggire a Verona Maurizio Setti e Riccardo Yen ( con grande felicità dei gialloblù, che nel cambio ci hanno molto guadagnato ), ed infine ci ha fatto rischiare un rovinoso fallimento. Ben vengano, dunque, Joe Tacopina ed i suoi amici. Alla Roma, dopo lo scetticismo iniziale dovuto proprio ad una disavventura bolognese, l'avvocato italo-americano ha fatto grandi cose. L'augurio è che riesca a combinare qualcosa di buono anche sotto le Due Torri, magari con l'aiuto di due personaggi come Roberto Mancini e Marco Di Vaio, che da queste parti godono di una considerazione superiore anche a quella di alcuni protagonisti dell'ultimo scudetto. Quanto successo con la penalizzazione mi porta a pensare che chi ben comincia è a metà dell'opera. Good Luck, Joe !!!


Paolo Milito

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