Siamo noi... I tifosi del Bologna siamo noi!

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Il Bologna è la squadra del mio cuor...

martedì 22 luglio 2014

Le cantonate del '76

Lo splendido articolo di Alessandra Sportelli Negrini sulla vita di Eraldo Pecci mi ha riportato alla mente il contesto in cui era maturata la partenza del regista di Cattolica alla volta di Torino, e inevitabilmente ho sviluppato alcune riflessioni rapportando la situazione del Bologna di oggi a quella di allora. Oggi siamo in mano ad un manipolo di disperati, alla continua ricerca di capitali per mandare avanti la baracca, mentre tutti noi ci auguriamo che venga fuori un personaggio finanziariamente solido, in grado di mettere alla porta certi soggetti e rilanciare il club. Negli ultimi cinquant'anni abbiamo conosciuto stagioni di diverso tenore, senza più raggiungere i livelli del 1964, con due vittorie in Coppa Italia, un'esaltante cavalcata europea a fine millennio e varie rovinose cadute. Il biennio 1975/76 fu un crocevia fondamentale: da allora in avanti il Bologna si allontanò pian piano dai cosiddetti " piani alti " del calcio, e la riprova è data dal fatto che, a differenza di quanto accaduto nelle epoche precedenti, giovani calciatori provenienti dal vivaio o acquistati in età verdissima siano poi diventati campioni altrove; sto pensando a Pecci, Stefano Chiodi, Giuliano Fiorini, Roberto Mancini, Giancarlo Marocchi, Gianluca Pessotto, Matteo Brighi, e forse ne ho dimenticato qualcuno. Il Bologna come punto di partenza, dunque, non di arrivo. Tutto cominciò nella tarda primavera del 1975. Il presidente era l'editore del Guerin Sportivo Luciano Conti, vicepresidente il giornalista e scrittore Enzo Biagi, la Società poteva contare sull'appoggio di altri solidi esponenti dell'industria bolognese, a cominciare dal re dei giocattoli Baravelli. Lo staff di Conti riuscì a bruciare la concorrenza di tutta la Serie A acquistando dal Brescia il giovane attaccante Ezio Bertuzzo, che in Serie B aveva fatto sfracelli. Dopo aver realizzato questo colpo, il presidente pensò che a quel punto poteva cominciare a considerare seriamente le offerte del patron del Napoli Ferlaino, che da tempo bussava alla nostra porta chiedendo di poter acquistare Beppe Savoldi. Il tecnico Rossoblù di allora, l'argentino Bruno Pesaola, che l'anno precedente ci aveva condotto a vincere la Coppa Italia, ma soprattutto sei anni prima aveva conquistato lo scudetto con la Fiorentina, pensò bene di dare alcune indicazioni ai dirigenti, in modo da ridisegnare adeguatamente una squadra che acquisiva sì un giovane dalle grandi prospettive, ma con Savoldi perdeva un secondo pezzo pregiato dopo Giacomo Bulgarelli, arrivato quell'anno a fine corsa soprattutto per via di persistenti problemi alle ginocchia. Ne venne fuori un giro di mercato piuttosto complicato: Savoldi, valutato due miliardi di lire ( record assoluto dell'epoca ), passò al Napoli; al Bologna, oltre ai soldi, arrivarono il cavallo di ritorno Sergio Clerici ed il centrocampista Rosario Rampanti, proveniente dal Napoli ma per metà di proprietà del Torino. Il Toro, a sua volta, mandò sotto le Due Torri il centromediano Angelo Cereser, ricevendo in cambio Vittorio Caporale ed Eraldo Pecci, cordialmente detestato da Pesaola che lo riteneva troppo indisponente e indisciplinato. Per la sua giovanissima età ( 17 anni ) restò fuori dal giro un altro elemento non gradito al mister per via della lingua un po' troppo pungente, ovvero Giuliano Fiorini, che comunque a fine mercato fu mandato in prestito a Rimini. Il giorno seguente al raduno della squadra, nelle pagine interne di " Stadio " fu pubblicata una foto che ritraeva Pesaola mentre osservava il gruppo al lavoro e si fregava le mani con aria soddisfatta. Il risultato, però, non fu esaltante: il Torino di Gigi Radice, grazie anche all'innesto di Pecci, vinse lo scudetto; il Bologna chiuse all'ottavo posto, superato ( beffa delle beffe ) dall'odiatissimo Cesena, che andò così a disputare la successiva Coppa UEFA. Bertuzzo rimase praticamente a secco, superato nelle gerarchie e nelle segnature dallo stagionato Clerici e dall'astro nascente Chiodi, mentre Savoldi trascinò il Napoli alla conquista della Coppa Italia. Pochi giorni dopo la fine del campionato, " Stadio " ripubblicò la foto di Pesaola, sottolineata da un commento del grande Alfeo Biagi che suonava più o meno così: " Cos'hai da ridere, credi di aver vinto un altro scudetto regalando Pecci al Toro ? ". A ruota, altre penne prestigiose bolognesi aggiunsero, nei giorni successivi, pesanti critiche, mentre la città pian piano si schierava contro le scelte del tecnico argentino. Il quale, a quel punto, quando il Napoli gli offrì la panchina, non se lo fece ripetere due volte e andò dritto all'ombra del Vesuvio. Bertuzzo avrebbe poi conosciuto stagioni migliori a Bergamo, senza però mai più raggiungere le vette toccate nel Brescia. Insomma, una serie di scelte sbagliate contribuì al ritorno ai vertici del Torino, e al tempo stesso cominciò ad allontanare il Bologna dal calcio che conta. Se fosse rimasto Pecci, se nel tempo fossero rimasti Chiodi, Mancini ed altri della stessa pasta, sono convinto che avremmo conosciuto stagioni sicuramente migliori di quelle vissute poi nella realtà. Forse non sarebbe arrivato un altro scudetto, ma almeno non ci saremmo ridotti a giocare a Leffe !!! Brutto affare, le cantonate del '76. A conferma che, per gestire bene una squadra di calcio, c'è bisogno in ogni ruolo di personaggi competenti e poco inclini al protagonismo in senso nudo e crudo. Chissà se i dirigenti attuali arriveranno mai a fare simili considerazioni ...


Paolo Milito

1 commento:

  1. Quando si ha un nuovo presidente che si porta dietro la sua corte dei miracoli, fatta per lo più di manager che non sanno niente della squadra e tanto meno di cosa rappresenti per la città e per la sua cultura, si arriva a tutto quel nulla dove siamo oggi... Ahimè...

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