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lunedì 28 gennaio 2019

… A VOLTE, PER ANDARE AVANTI …



… bisogna tornare indietro. Ecco quindi concretizzarsi il ritorno di Sinisa Mihajlovic là dove tutto è cominciato: fu infatti sulla panchina Rossoblù che il bellicoso tecnico serbo fece la sua prima esperienza da allenatore, sia pure con la compartecipazione mascherata di Roberto Mancini. Più o meno era andata così: l’allora presidentessa del Bologna, Francesca Menarini, trovatasi nella necessità di ingaggiare un allenatore, aveva pensato bene di rivolgersi a Robertino, col quale aveva frequentato le aule del Liceo. Mancini, fresco di esonero dall’Inter, che gli aveva preferito Mourinho in prospettiva Triplete, non volle rinunciare al principesco ingaggio residuo a cui erano tenuti i nerazzurri, e suggerì all’amica di prendere Sinisa, che all’Inter gli aveva fatto da secondo. A dire il vero, all’inizio le cose si erano messe bene: stranamente, il Mancio era tutti i giorni a Casteldebole, e al momento di scendere in campo fortissimi erano i sospetti che avesse messo becco nella formazione, ma la classifica aveva assunto un aspetto confortante e tutti vivevamo felici e contenti. Fino a quando, un brutto sabato sera, nell’intervallo di un Juve-Bologna che non stava andando nemmeno tanto male, scendendo negli spogliatoi Robertino si trovò di fronte il suo nemico giurato Luciano Moggi, invitato lì dal patron Renzo Menarini. Il brutto incontro ebbe conseguenze devastanti: Menarini dovette giustificare i rapporti che lo legavano al plurisqualificato ex manager juventino, “ grazie “ ai quali rischiammo una penalizzazione in classifica; Mancini andò via sbattendo la porta e non si fece più vedere; Mihajlovic, rimasto solo, cercò di mettere a frutto la propria abilità e le esperienze maturate ( non dimentichiamoci che da giocatore era definito un allenatore in campo ), ma la situazione gli sfuggì progressivamente di mano, fino al disastroso epilogo della gara interna contro il Siena: esattamente come ieri, furono quattro pappine rimediate dall’ultima della classe a determinare l’avvicendamento del serbo con lo specialista in salvezze Papadopulo. Dieci anni dopo, in un contesto completamente diverso, Mihajlovic, il cui nome, probabilmente, è stato suggerito a Joey Saputo ancora una volta dal Mancio, che notoriamente è la prima scelta del magnate canadese, si trova, per la seconda volta nella sua carriera, a rilevare una panchina da Filippo Inzaghi, dopo quella del Milan. Negli anni il vulcanico centromediano ha dimostrato di saper camminare in panchina con le proprie gambe, ottenendo anche dei risultati di rilievo, bilanciati, ahimè, da un caratteraccio che lo ha portato spesso in conflitto coi dirigenti dei club di appartenenza. Attualmente era libero perché reduce dal clamoroso tradimento subìto dallo Sporting Lisbona: il presidente uscente lo aveva ingaggiato per giocarsi una carta elettorale; nove giorni dopo, però, è stato eletto presidente il suo avversario, che come prima mossa ha scaricato il tecnico serbo, tuttora in attesa di un consistente assegno di buonuscita. E ora ??? A prima vista l’impresa sembra disperata, ma dieci anni fa le cose non stavano molto diversamente: Papadopulo raccolse il testimone a poche giornate dalla fine, ottenendo una salvezza di cui ancora oggi non riesco a capacitarmi; stavolta siamo all’inizio del girone di ritorno, e ci sono davanti un paio di giorni di calciomercato. Certo, sarebbe stato meglio che Fenucci e Bigon avessero provveduto ad una massiccia ristrutturazione della rosa, tipo il mercato invernale operato da Squinzi a Sassuolo al termine del disastroso girone di andata del primo anno in Serie A, ma purtroppo chi non è intelligente per natura l’intelligenza non può darsela da solo. Per tacere della figura barbina indotta in cui sono incappati tutti i cosiddetti specializzati della stampa sportiva locale, i quali ignoravano che Donadoni aveva provveduto a risolvere il contratto un mese fa, concordando una buonuscita allo scopo di evitare il ritorno su una panchina ormai indigesta. Intanto cambiamo l’allenatore; poi sarà il turno dei rami secchi dirigenziali. Sperando che Mr. Joey sappia fare tesoro delle disavventure vissute.
Paolo Milito


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