Paolo Milito
Una lettera aperta alla nostra squadra del cuore... Per parlare, capire, confrontarci ed essere uniti... Senza alcuna ambizione, ma solo per amore... Noi ci siamo, ragazzi, siamo sempre presenti... Lottiamo, corriamo e soffriamo con voi... Perchè sempre e comunque FINO ALLA FINE, FORZA BOLOGNA!!!
Siamo noi... I tifosi del Bologna siamo noi!
sabato 30 maggio 2015
QUANDO PECCI E PESAOLA …
Ieri è
scomparso, ormai novantenne, Bruno Pesaola, tecnico del Bologna per quasi tutti
gli Anni’70, capace di farci vincere la nostra seconda Coppa Italia ma anche di
slanci non sempre rispondenti alla razionalità. In modo particolare, al suo
nome è legata la partenza del giovane Eraldo Pecci in direzione Torino, al
termine di una lunga stagione di battibecchi che nemmeno Sandra&Raimondo
degli anni più ruggenti. Racconta chi c’era allora, che nella stagione 1973/74
gli allenamenti dei Rossoblù si concludevano sempre allo stesso modo: il
giovanissimo Pecci diceva al tecnico “ Mister, perché mi tiene sempre in
panchina? Io ho bisogno di giocare, io sono un estroso “ e Pesaola, di rimando,
con un sorrisone smagliante a trentadue denti “ No, Pecci, lei è un estronso
!!! “. Non c’è quindi da stupirsi se, al termine della finale di Coppa Italia
del 1974 contro il Palermo, quando Pecci si fece avanti per battere il rigore
decisivo Pesaola disse: “ Pecci, perché lo vuol tirare lei ??? “ Eraldo rispose
“ Perché i rigori io li so tirare !!! “ e così dicendo mollò una botta che ci
regalò l’ultimo trofeo della nostra storia. I battibecchi tra i due
continuarono fino alla tarda primavera del 1975. In quei giorni Pesaola dovette
fare i conti con un pesante sermone dell’allora presidente Luciano Conti,
seriamente preoccupato di dover mantenere in ordine i conti ( scusate il
bisticcio ) della Società. Di fronte a certe prospettive, l’argentino non si
sentiva più tanto sicuro di proseguire la propria avventura sotto le Due Torri,
ma fu convinto a restare dall’abile opera di mediazione svolta dal
vicepresidente, lo scrittore e giornalista Enzo Biagi, e dal consigliere Renzo
Baravelli, titolare dell’omonima fabbrica di giocattoli. Dunque, in prospettiva
di dover contenere i consumi, lo staff di Conti acquistò dal Brescia, giocando
d’anticipo sulla concorrenza, il giovane attaccante Ezio Bertuzzo, che in Serie
B aveva fatto sfracelli, e decise di ascoltare, dopo averle in precedenza
respinte svariate volte, le offerte del Napoli miranti ad assicurarsi le
prestazioni di Beppe Savoldi. Pesaola non era propriamente uno sprovveduto (
negli Anni ’60 aveva vinto una Coppa Italia col Napoli, allora in Serie B,ed
uno scudetto con la Fiorentina ), e pretese di intromettersi dando ai dirigenti
alcune precise indicazioni, in modo da ridisegnare adeguatamente una squadra
che acquisiva sì un giovane dalle grandi prospettive, ma con Savoldi perdeva un
secondo pezzo pregiato dopo Giacomo Bulgarelli, arrivato quell'anno a fine
corsa soprattutto per via di persistenti problemi alle ginocchia. Ne venne
fuori un giro di mercato piuttosto complicato: Savoldi, valutato due miliardi
di lire ( record assoluto dell'epoca ), passò al Napoli; al Bologna, oltre ai
soldi, arrivarono il cavallo di ritorno Sergio Clerici ed il centrocampista
Rosario Rampanti, proveniente dal Napoli ma per metà di proprietà del Torino.
Il Toro, a sua volta, mandò sotto le Due Torri il centromediano Angelo Cereser,
ricevendo in cambio Vittorio Caporale ed Eraldo Pecci. Sì, in quel modo il
Petisso pensò bene di cogliere la palla al balzo liberandosi del giovane
talento, troppo indisponente e indisciplinato per i suoi gusti. Per la sua
giovanissima età ( 17 anni ) restò fuori dal giro un altro elemento non gradito
al mister per via della lingua un
po' troppo pungente, ovvero Giuliano Fiorini, che comunque a fine mercato fu
mandato in prestito a Rimini. Il giorno seguente al raduno della squadra, nelle
pagine interne di " Stadio " fu pubblicata una foto che ritraeva
Pesaola mentre osservava il gruppo al lavoro e si fregava le mani con aria
soddisfatta. Il risultato, però, non fu esaltante: il Torino di Gigi Radice,
grazie anche all'innesto di Pecci, vinse lo scudetto; il Bologna chiuse al
settimo posto, superato ( beffa delle beffe ) dall'odiatissimo Cesena, che andò
così a disputare la successiva Coppa UEFA. Bertuzzo rimase praticamente a
secco, superato nelle gerarchie e nelle segnature dallo stagionato Clerici e
dall'astro nascente Chiodi, mentre Savoldi trascinò il Napoli alla conquista
della Coppa Italia. Pochi giorni dopo la fine del campionato, " Stadio
" ripubblicò la foto di Pesaola, sottolineata da un commento del grande
Alfeo Biagi che suonava più o meno così: " Cos'hai da ridere, credi di
aver vinto un altro scudetto regalando Pecci al Toro ? ". A ruota, altre
penne prestigiose bolognesi aggiunsero, nei giorni successivi, pesanti
critiche, mentre la città pian piano si schierava contro le scelte del tecnico
argentino. Il quale, a quel punto, quando il Napoli gli offrì la panchina, non
se lo fece ripetere due volte e andò dritto all'ombra del Vesuvio. Bertuzzo
avrebbe poi conosciuto stagioni migliori a Bergamo, senza però mai più
raggiungere le vette toccate nel Brescia. Nel tempo, con differenti esiti, sia
Pesaola che Pecci tornarono al Bologna, ma resterà per sempre il dubbio: cosa
sarebbe potuto succedere senza quella rivoluzione estiva del 1975? Per il
resto, Pesaola ha lasciato dietro di se’ il ricordo di un personaggio accattivante,
fuori dalle righe, un sudamericano diametralmente opposto, tanto per dire, allo
sciatto Diego Lopez che ci siamo dovuti sorbire nei mesi scorsi. Certo, sarebbe
stato meglio che non fosse entrato in collisione con quei campioncini che poi
fecero furore altrove, ma, si sa, nessuno è perfetto. Non so voi, ma io me lo
immagino, oggi, intento a giocare una partita a carte con l’Onorevole Giacomino
…
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