Nella settimana che sta per chiudersi, ha tenuto banco, ovviamente, il
ritorno sulla panchina Rossoblù di Sinisa Mihajlovic, oscurando tutto il
movimento circostante, compresa la sconcertante conclusione del calciomercato
invernale. Visti gli esiti, a questo punto sarebbe stata mossa più assennata
ingaggiare il tecnico serbo PRIMA della sfida di Coppa Italia contro la Juve,
se non altro per dargli modo di toccare con mano l’ambiente a cui stava per
andare incontro. Adesso, come giustamente esternato da più parti, abbiamo il
dovere di unirci compatti attorno alla squadra per sostenerla nel difficile
cammino verso una salvezza comunque ancora a portata di mano, ma a fine
stagione qualcuno, ai piani alti, dovrà cambiare aria, magari dopo averci
spiegato alcune cose non del tutto chiare. Per esempio, così, ad occhio, si
direbbe che la causa di tutti i mali sia stato l’ancor giovane e inesperto
Pippo Inzaghi, che appena arrivato ha fortemente caldeggiato lo scellerato
scambio Falcinelli-Di Francesco, per poi proseguire mettendo ai margini prima Destro e poi, progressivamente, Dzemaili, Mbaye e tutto il cucuzzaro. O,
almeno, questo è quel che si deduce una volta che Sinisa, appena insediato,
blocca tutte le cessioni accontentandosi dell’innesto di due promettenti
giovani della primavera del Toro, arrivati in prestito secco. Però ci sono due
o tre però. Innanzi tutto, è venuto a tutti, al di là delle facili battute, il
dubbio che, sentendo dire “ Basta “, Riccardo Bigon abbia capito, o voluto
capire, che non servivano altri acquisti, mentre Sinisa si sarebbe aspettato l’ingaggio
del fortissimo centromediano laziale. Poi non è piaciuto, a me e non solo a me,
il fatto che il prestito dei due giovani granata sia stato pagato con la
cessione a titolo definitivo del promettente figlio di Daniele Portanova. Ma non
abbiamo alle spalle una Società straricca ??? Infine, ovviamente, la
considerazione di fondo: se hai DAVVERO intenzione di rifondare, ti muovi all’inizio,
non alla fine del mercato, sprecando il resto del tempo a disposizione nella riedizione
di un film stucchevole, “ Quella sola di Spinazzola “, già visto ai tempi dell’ultima
Serie B. Morale della favola: adesso i
dirigenti faranno di tutto per far ricadere tutte le colpe sul capro espiatorio
Inzaghi, specialmente se Mihajlovic riuscirà nell’impresa di centrare la
salvezza, ma appare fin troppo chiaro che dietro certe epurazioni ci siano i
dirigenti, non l’allenatore ( per dirne una, di solito chi ha in casa Dzemaili
se lo tiene, non lo autorizza a trasferirsi all’Atalanta a stagione in corso e
in piena lotta per la salvezza ). Tornando a Sinisa, c’è stato un boom di
luoghi comuni: a cominciare da “ minestra riscaldata “ ( non è il primo
allenatore che torna sui propri passi; faccio notare che gente come Mazzone,
Pesaola o Ulivieri ha ottenuto risultati decorosi anche nelle seconde e terze
esperienze ), per arrivare alla faccenda delle lavagnette che, secondo una
leggenda metropolitana, il bellicoso tecnico serbo spaccherebbe in testa ai
giocatori meno redditizi. Se per questo, è acclarato che Mihajlovic, quando è
davvero incazzato, a fine allenamento prende certi soggetti a colpi di calci
piazzati, specialità nella quale ha stabilito il record assoluto di velocità. Quel
che è certo è che il Sinisa di dieci anni fa era ben diverso da quello attuale:
l’ex calciatore acerbo e inesperto, che aveva bisogno di consultarsi
continuamente con la chioccia-Mancio, ha lasciato il posto ad un tecnico scaltro e avveduto, che
ha già messo alle spalle risultati lusinghieri e può vantarsi, tanto per
gradire, di aver avuto il grande merito di giocare d’azzardo e gettare nella
mischia il sedicenne Giggino Donnarumma, e non solo. Tenuto presente, poi, che
i pelandroni attualmente in rosa sono gli stessi che avevano bastonato la Roma,
direi che, mescolando il tutto, ci sono buonissime probabilità di salvarci a
fine stagione, a patto che, d’ora in poi, certe dannosissime disattenzioni
collettive come quelle viste a Ferrara o contro il Frosinone restino solo un
brutto ricordo. E veniamo alla stretta attualità. Il destino, o se preferite il
calendario, mette subito Mihajlovic di fronte ad un pezzo importante del suo
passato, un nome che, oltretutto, richiama alla nostra memoria i giorni felici
dell’ultimo Scudetto. Diventata ormai una classicissima del nostro calcio,
Inter-Bologna conta qualcosa come 87 precedenti, spalmati fra Prima Divisione,
Serie A e Coppa Italia; 50 le vittorie dell’Inter, 13 quelle del Bologna, 24 i
pareggi. La vittoria più consistente dei nerazzurri risale al 3 dicembre 1961,
un pirotecnico 6-4 maturato alla fine di una gara altalenante che aveva visto
più volte ribaltare il vantaggio in campo. Per l’Inter segnarono Hitchens (
doppietta ), Morbello, Bettini e Masiero, per noi Pascutti ( doppietta ),
Vinicio e Mimmo Renna, scomparso proprio ieri e al quale rivolgo un saluto e un
ricordo affettuoso. La nostra miglior vittoria, invece, l’abbiamo ottenuta il 4
dicembre 1927, in Prima Divisione: 4-2, doppietta di Busini III e gol di Busini
I e Muzzioli contro i nerazzurri Conti e Gianfardoni. Il pareggio più eclatante
risale al 13 giugno 1968, in Coppa Italia: 3-3, per noi Tentorio, Pace e
Clerici, per l’Inter Cappellini, Bedin e un autogol del nostro Ardizzon. Curiosamente,
in tempi più recenti, nel giro di un anno ci sono state due notti memorabili
per ragioni diametralmente opposte: il 17 febbraio 2012 una serata trionfale,
con un 3-0 dovuto alla doppietta di Marco Di Vaio e ad uno dei rarissimi gol di
Robert Acquafresca con indosso i nostri colori; il 15 gennaio 2013, invece, in
Coppa Italia, una notte-delle-streghe con l’Inter avanti di due gol grazie a
Guarin e Palacio ( sì, proprio lui ), pareggio agguantato con Diamanti e Gabbiadini
e disastro finale del portiere Agliardi, uscito a caccia di farfalle in pieno
recupero lasciando la porta spalancata di fronte all’assalto di Ranocchia. Dunque,
la tradizione non è favorevole. Però, come abbiamo visto, a parte lo
spareggio-scudetto giocato a Roma, ogni tanto abbiamo vissuto, anche nella San
Siro nerazzurra, qualche momento di gloria. Sulla carta il divario tecnico è
enorme, ma gli interisti sono stanchi e demoralizzati dopo l’infelice
conclusione della maratona di Coppa Italia contro la Lazio, e il nostro “ nuovo
“ allenatore ha un doppio stimolo: quello di fare bella figura contro un pezzo
importante del suo passato e quello di vendicarsi di certi insulti gratuiti
rimediati dagli spalti nerazzurri quando era alla guida degli odiati cugini
rossoneri. Fermo restando, ovviamente, che vorrà anche presentarsi agli occhi
dei suoi nuovi dirigenti con il miglior risultato possibile. Come sempre,
ricordo a tutti che non è appropriato fasciarsi la testa prima di essersela
rotta. Dunque, andiamo ad affrontare il dragone nerazzurro, sperando di mettere
alle spalle, almeno in parte, le delusioni del recente passato. Quanto agli
scudetti, da segnalare un’interessante novità: in Federcalcio è stata allestita
una commissione che dovrà occuparsi dei campionati del passato conclusi con esiti
contestati, a capo della quale è stato nominato Matteo Marani, un nome che per
Bologna e per il Bologna dovrebbe rappresentare una garanzia. Preferisco non
sbilanciarmi, ma in fondo al tunnel dell’Affare 1927 comincio ad intravvedere
una luce. Buona domenica a tutti.
Paolo Milito
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