Un certo Bettino Craxi, quando accettava di sottoporsi ad interviste " a cuore aperto ", al giornalista o al conduttore di turno che gli chiedeva quale fosse il suo più grande rimpianto rispondeva sempre " un fiore che non colsi ". Per il Bologna Roberto Mancini è qualcosa di più: un fiore che qualcuno aveva avuto l'accortezza di cogliere, ma che poi qualcun altro aveva dissennatamente gettato al vento, impedendogli così di proseguire il proprio cammino sulla strada tracciata da Giacomino Bulgarelli, del quale avrebbe legittimamente potuto aspirare a prendere il posto nei cuori della tifoseria. Il bimbo-prodigio arrivato da Jesi ci aveva messo poco a conquistare la città, trascinando la formazione Primavera a vincere uno storico Scudetto. Da allora, una progressione inarrestabile: l'esordio in Serie A voluto da Tarcisio Burgnich, una copiosa quantità di gol che non servirono ad evitarci la prima retrocessione, lo sbarco a Genova, dove, in maglia blucerchiata, ha vinto praticamente tutto, ad eccezione della Coppa dei Campioni mancata di un soffio a Wembley e di cui si è poi rifatto col trionfo di ieri sera; il finale di carriera a Roma, sponda Lazio, arricchito da un altro Scudetto, per proseguire poi come allenatore, diventando un caso più unico che raro: di solito i campionissimi in panchina non brillano con altrettanta lucentezza. Negli anni Robertino non ha mai dimenticato gli amici bolognesi, anzi è stato più volte sul punto di tornare sotto le nostre bandiere, ma c'è stato sempre qualche piccolo particolare ad impedire che il sogno si avverasse. Basti pensare alla vicenda che portò alla prima esperienza di Sinisa Mihajlovic come allenatore: il serbo era il suo secondo all'Inter; erano rimasti entrambi a spasso, dopo l'esonero voluto da Moratti, che si era infatuato di Mourinho, e Francesca Menarini, compagna di scuola di Robertino, pensò bene di chiamarli alla guida del club di cui aveva appena assunto la presidenza. Siccome, da regolamento, gli spettavano parecchi soldoni, il Mancio non se la sentì di rinunciare al contratto nerazzurro, e suggerì l'ingaggio del serbo come tecnico, ritagliandosi un ruolo di consigliere occulto da ricoprire nei giardini di Casteldebole. Poi le cose andarono diversamente da come si sperava, con Mancini che beccò Luciano Moggi nello spogliatoio Rossoblù e se ne andò sbattendo la porta, seguito, poco tempo dopo, dallo stesso Sinisa. In seguito Mancini è diventato la prima scelta di Joey Saputo, ma non ha mai concretizzato l'accordo sempre per qualche piccolo particolare: la prima volta non se la sentì di rilevare la squadra a ridosso dei play-off di Serie B, la seconda l'Inter lo richiamò bruciando il Bologna per poche ore, al momento di cacciare Delio Rossi. All'inizio della primavera, girava una voce: Sinisa, messo a dura prova dalla malattia, si sarebbe spostato in un ruolo dirigenziale lasciando la panchina a Robertino. Dopo il trionfo di ieri sera, però, credo proprio che questa voce sia destinata a restare tale, almeno fino alla conclusione dei Mondiali 2022. Non ci rimane, quindi, che associarci al resto dei Tifosi di tutta Italia ringraziando il Mancio per la grande gioia che ci ha regalato, sperando che continui ad incrementare la serie di record stabiliti da quando si è seduto sulla panchina azzurra.